La Legge 482 del 1968, che ha garantito l’inserimento
lavorativo delle categorie protette, tutelando
una “cultura dell’obbligo” alle assunzioni, è stata
molto utile, ma anche portatrice di difficoltà. Infatti,
gli avviamenti obbligatori, caratterizzati da un
sistema di abbinamento meramente numerico, basato
sulla posizione in graduatoria, non tenendo in
alcun conto la compatibilità tra soggetti e posizioni
lavorative, hanno determinato l’inasprimento dei
conflitti tra le parti e indotto nelle aziende la ricerca
di manovre d’evasione.
E’ noto che la struttura produttiva in quanto tale
tende a difendersi da tutto ciò che non appare in
linea con i suoi propri obiettivi e richiede ai lavoratori
livelli sempre maggiori di autonomia.
L’integrazione della persona disabile può allora
funzionare come un detonatore, a causa di dinamiche
già compromesse all’interno del processo
produttivo.
Il costo/stipendio, che è il baluardo di “prima resistenza”
da parte dell’impresa, non è considerato
l’onere più significativo: sono i costi “aggiunti“ di
una presenza che può rompere gli schemi operativi
e relazionali. Tipici delle unità organizzative aziendali,
introducendo variabili critiche, che diventa la
fonte di maggiore preoccupazione da parte del management.
Le numerose esperienze dei Centri di Formazione
Professionale e dei Servizi per l’Integrazione Lavorativa
hanno però consentito, in Regione Lombardia,
dal 1996, con l’attuazione della delibera della
Commissione Regionale n.476 , di sperimentare
progetti di inserimento mirato, cioè progetti in cui
l’abbinamento mansione – disabile veniva realizzato
in funzione della compatibilità e non della
posizione in graduatoria. Progetti dunque mirati
che, tesi al superamento degli ostacoli burocratici,
in una logica negoziale con l’azienda, erano finalizzati
ad ottenere la partecipazione attiva del
mercato del Lavoro ai processi di inserimento e
di integrazione.
La logica di questo tipo di collocamento, mirato
appunto, è stata ampiamente recepita a livello
nazionale dalla nuova normativa del 12 marzo
99,n.68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”,
in particolare dall’art.2 che testa la definizione
ufficiale del concetto di collocamento mirato:
“per collocamento mirato si intende quella serie
di strumenti tecnici e di supporto che permettono
di valutare adeguatamente le persone con disabilità
nelle loro capacità lavorative e di inserirle
nel posto adatto, attraverso analisi di posti di
lavoro, forme di sostegno , azioni positive e soluzioni
dei problemi connessi con gli ambienti,
gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi
quotidiani di lavoro e di relazione”.
E’ proprio secondo questa ottica del collocamento
mirato che è stato pensato il programma
MATCH . Nella logica di garantire “l’uomo
giusto al posto giusto” questo software non è
soltanto catalogazione dell’offerta e domanda
di lavoro, ma è catalogazione qualitativa dell’incontro
fra questi due mondi. E lo è per una
categoria particolarissima di lavoratori per i
quali, più che per chiunque altro, è importante
poter esaltare al massimo le capacità lavorative
e trovare i luoghi dove queste capacità
possano esercitarsi al meglio, in sintonia con
l’evoluzione del sistema aziendale nel quale
sono inseriti.