UNA POSSIBILITÀ IN PIÙ

Molti ne parlano, specialmente nei convegni e
nelle università. In California, grazie ad una legge
antitraffico approvata nel 1990, l’8% degli occupati
lo adotta. La Comunità Europea lo mette tra le applicazioni
più interessanti della futura Società dell’Informazione.
Ma pochi in Italia hanno sinora avuto
modo di sperimentarlo.

Si tratta del telelavoro, una
forma di prestazione che si svolge rimanendo distanti
dall’ufficio, ma ad esso intimamente collegato
grazie a una – non sempre e non necessariamente
sofisticata – tecnologia informatica e telematica.
L’idea che sta dietro al telelavoro è semplice ed intuitiva:
nelle società moderne la metà dei lavori consiste
non più nella trasformazione di materie prime,
ma nel trattamento delle informazioni – elaborazioni,
raccolta di dati, fornitura di notizie, ecc.


Questi mestieri per essere svolti non necessitano
più di strumenti specializzati né di edifici attrezzati.
Un telefono, un fax un modem* e un personal
computer sono gli strumenti lavoro quotidiano per
milioni di persone. Molto spesso sono oggetti che
si trovano anche nelle case – o che vi possono essere
installati con poca spesa e scarsa occupazione
di spazio. Allora, perchè sottoporsi tutte le
mattine ad estenuanti tragitti per raggiungere un
ufficio, quando lo spesso lavoro può essere svolto
anche da una camera da letto o dal soggiorno di
casa? Perchè porre intere popolazioni di fronte all’alternativa
“emigrare o patire la disoccupazione”
quando il lavoro consiste nel pigiare i tasti di un
computer o nel rispondere al telefono per dare
informazioni ai clienti?